Teodoro rappresenta quelle persone che si interessano della missione e della Chiesa in Cina, pongono delle domande e esprimono opinioni al riguardo. Questo Blog ha pensato di scegliere un tema per volta per aprire un dialogo.
Le persone che pongono questioni sono considerate un dono di Dio e perciò le denominiamo con il nome fittizio di “Teodoro”.
Alle persone che risponderanno alle domande, daremo il nome di “Guangqi” (letteralmente “lume rivelante”). E’ un nome che ci ricorda il Servo di Dio Paolo Xu Guangqi, Cattolico Laico Cinese (1562-1633), a cui rivolgiamo le nostre preghiere, perché attraverso la sua intercessione il Signore voglia concederci le grazie di cui abbiamo bisogno, e così affrettare il giorno della sua beatificazione.
Si spera che quanto riportato nel “dialogo con Teodoro” sia veramente “lume rivelante”.
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001 Ripudio o Rammarico?
Caro Teodoro (in cinese Tianci),
Pace e Bene!
Dopo le ordinazioni episcopali illegittime (OEI), cioè, quella di Leshan (29.06.2011) e quella di Shantou (14.07.2011), la Santa Sede ha emesso rispettivamente due dichiarazioni.
Mi hai domandato: perché in ambedue si parla del “ripudio” ed alla fine anche del “rammarico”.
Caro Teodoro, se ti capisco bene, per “ripudio”, intendi dire la scomunica dichiarata verso i vescovi consacrati illegittimamente. Vero?
Beh! A prima vista, la scomunica sembra un ripudio. Ma non è tutto vero. Di fatto, la scomunica è una pena “medicinale” per la quale, attraverso la privazione di certi beni spirituali, lo scomunicato possa pentirsi, ottenere l’ammenda, e di seguito avere di nuovo tutti i beni della grazie e dei sacramenti. La scomunica latae sententiae , di per sè, avviene senza il bisogno di una dichiarazione. Una tale dichiarazione non fa piacere a nessuno, e tanto meno al Santo Padre. In certe circostanze, però, tale dichiarazione della scomunica è necessaria per il bene della Chiesa e dell’interessato, “affinché lo Spirito possa ottenere la salvezza nel giorno del Signore” (1 Cor 5, 5). Bisogna dire che la scomunica non è un ripudio perché lo scomunicato rimane sempre membro del corpo mistico di Cristo grazie al suo battesimo. Forse, questo lo sai già.
Vorrei interpretare un po’ quel sentimento di “rammarico” del Santo Padre. Non solo Sua Santità lo ha subito, ma anche moltissimi altri condividono la sua sofferenza intima.
Nel giorno in cui il Santo Padre celebrava il 60° anniversario della sua ordinazione presbiterale, è avvenuta l’OEI di questo fratello sacerdotale. E’ sempre un fatto che eclissa la gioia della celebrazione e che rimane come memoria triste.
In quel giorno (29.06.2011) partecipavo alla Santa Messa del Papa nella basilica di S. Pietro. La sua omelia era molto interessante. Egli ha parlato dell’importanza vitale dell’amicizia con Gesù nella vita sacerdotale.
“Non vi chiamo più servi ma amici”. (…) “Secondo l’ordinamento liturgico di quel tempo, quest’acclamazione significava allora l’esplicito conferimento ai sacerdoti novelli del mandato di rimettere i peccati”.
Il Santo Padre provava un sentimento indescrivibile. E’ Gesù, infatti, che sceglie e considera amico ogni sacerdote.
“Egli (Gesù) mi chiama amico. Mi accoglie nella cerchia di coloro ai quali si era rivolto nel Cenacolo. Nella cerchia di coloro che Egli conosce in modo del tutto particolare e che così Lo vengono a conoscere in modo particolare. Mi conferisce la facoltà, che quasi mette paura, di fare ciò che solo Egli, il Figlio di Dio, può dire e fare legittimamente: Io ti perdono i tuoi peccati.”
“E mediante il mandato di perdonare, Egli mi permette di gettare uno sguardo nell’abisso dell’uomo e nella grandezza del suo patire per noi uomini, che mi lascia intuire la grandezza del suo amore.”
“Non siete più servi ma amici”: questa è un’affermazione che reca una grande gioia interiore e che, al contempo, nella sua grandezza, può far venire i brividi lungo i decenni, con tutte le esperienze della propria debolezza e della sua inesauribile bontà.”
Sono espressioni del suo stato d’animo, quali: Cenacolo, paura, perdono, l’abisso dell’uomo, grandezza del Suo amore, gioia grande, i brividi, debolezza, e bontà.
Sessant’anni di servizio sacerdotale, costituiscono una testimonianza non indifferente di fedeltà a Cristo e alla Chiesa. E’ un martirio prolungato. Il 9 luglio ricorre la festa dei Martiri Cinesi. In quel giorno sono già arrivate le notizia di un'altra imminente OEI (Shantou), ma allo stesso tempo anche quelle che rapportano la testimonianza della fedeltà dei presuli, sacerdoti, persone consacrate, e i fedeli.
Il Santo Padre ha naturalmente subito il “rammarico”, ma forse le dichiarazioni hanno rattristato gli scomunicati. La tristezza secondo Dio produce un pentimento che porta alla salvezza, ma la tristezza del mondo genera la morte (2 Cor 7, 10-12).
Caro Teodoro, ci uniamo con il Santo Padre nelle preghiere per la perseveranza dei fratelli e le sorelle della Chiesa in Cina che stiano fermi ed uniti nella fede, e per la conversione dei peccatori, e sopratutto, di quei che ne hanno tutt’ora tanto bisogno.